MARE DEL NORD: DAL PETROLIO AL VENTO?
di Grinny · Pubblicato · Aggiornato

Il Mare del Nord con i sui giacimenti di petrolio e gas è da oltre un secolo uno snodo strategico per l’estrazione e la distribuzione di combustibili fossili.
Al picco della produzione negli anni ‘90 Gran Bretagna e Norvegia producevano 6milioni di barili di petrolio al giorno è uno dei giacimenti al largo della Scozia, Brent, ha dato il nome ad uno dei principali benchmark del mercato.
Con il progressivo esaurimento dei giacimenti e le spinte globale verso la produzione di energia pulita, il Mare del Nord sembra aver mantenuto la propria centralità nel mercato dell’energia, sfruttando una risorsa di cui dispone in abbondanza, ovvero la presenza di forti e costanti venti.
Con una velocità media del vento di dieci metri al secondo, il bacino del mare del Nord è uno dei più adatti all’installazione di parchi eolici. Il fondale del Mare del Nord è per lo più sabbioso, il che rende più facile fissare le turbine al fondale Inoltre, in genere non supera i 90 metri di profondità, il che consente di posizionare i parchi eolici più lontano dalla costa, dove i venti sono più costanti.
Nel 2022 i paesi del Mare del Nord hanno messo all’asta 25 gigawatt (gw) di capacità eolica. Per i prossimi tre anni sono già state programmate gare per quasi 30 gw. Si prevede che le nuove connessioni annuali cresceranno da meno di 4 gw di oggi a oltre 10 gw entro la fine degli anni ’20. In un incontro a Esbjerg a maggio, la Commissione europea e quattro paesi del Mare del Nord hanno concordato di installare 150 gw entro il 2050, cinque volte il totale attuale in Europa e tre volte il totale mondiale.